Titolo: La mia prediletta
Autore: Romy Hausmann
Genere: Thriller
Casa Editrice: Giunti Editore
Anno di pubblicazione: 2020
Pagine: 384
TRAMA
Il primo giorno perdo il senso del tempo, la mia dignità e un molare. In compenso guadagno due figli e un gatto. Ho anche un marito. È alto, ha i capelli corti e scuri, gli occhi grigi. È difficile capire se sia davvero sera, o se è stato lui a decidere così. Le finestre sono sigillate con pannelli isolanti. È lui a fare il giorno e la notte. Come Dio.
In una notte gelida una donna viene investita da un’auto sul ciglio del bosco. È incosciente e senza documenti. Con lei c’è una bambina di circa otto anni, pallidissima e dagli occhi di un azzurro glaciale. L’unica informazione che riesce a dare su sua madre è che si chiama Lena. A poco a poco, però, lo strano comportamento della piccola insospettisce i medici. Non conosce il suo cognome, né il nome di suo padre, né l’indirizzo di casa, perché vivono chiusi in una capanna in modo da «non essere trovati».
Il terrore sale quando la piccola afferma innocentemente che la mamma «ha ucciso per sbaglio papà» e adesso il fratellino Jonathan sta pulendo le macchie sul tappeto. Il commissario Brühling ha subito un’intuizione: quella donna non può essere che Lena Beck, scomparsa 14 anni prima. Ma c’è qualcosa di vero in ciò che racconta quella strana bambina?
RECENSIONE
Era da tanto tempo che volevo leggere questo libro, molto acclamato nel mondo IG, e quindi, da appassionata di thriller, ero molto curiosa.
La mia prediletta credo che sia un libro che, se siete appassionati del genere, non potete non leggere: inquietante, incalzante, pieno di suspense.
Il libro inizia con questa situazione: una donna viene portata in ospedale, dopo essere stata investita da un’auto. È incosciente ed è accompagnata da una bambina, che dice di chiamarsi Hannah. la bambina dichiara che la donna è sua madre e si chiama Lena. La polizia intuisce che quella donna non può che essere Lena Beck, scomparsa 14 anni prima. Ma Hannah dirà altre cose ancora più inquietanti: sua madre ha colpito per sbaglio papà; suo fratello Jonathan è nella capanna a ripulire le macchie sul tappeto. La capanna è casa loro: vivono chiusi lì perché “nessuno li deve trovare”. La polizia quindi vogliano fare luce sulla questione, facendo emergere sconcertanti verità.
Il libro viene sviluppato prendendo in considerazione tre punti di vista diversi: la bambina Hannah, la donna in ospedale, presunta “Lena”, e il padre di Lena Beck, Matthias. Tre modi diversi di guardare la situazione e di affrontarla, tre modi diversi di pensare, sentimenti ed emozioni diverse. Un plauso quindi all’autrice, perché è riuscita a farci immedesimare in tutti e tre i personaggi.
Matthias, padre di Lena Beck, un padre che ha fatto di tutto perché la figlia fosse ritrovata, facendo anche degli errori, forse per disperazione, forse per mancanza di fiducia nella polizia. Dopo 14 anni aspetta ancora la figlia, e quando la polizia lo avverte di questa donna ricoverata in ospedale, con lo stesso nome di sua figlia, lui non ci pensa due volte, corre in ospedale, guidato solo dalla speranza.
Il secondo punto di vista è quello della donna investita, “Lena”. Non posso descrivervi questo personaggio senza fare spoiler, quindi lo tralascio, rimandando al libro qualsiasi riflessione su “Lena”. Comunque, un personaggio molto complesso, che dovrà affrontare tante sfide, e noi con lei: sentiremo tutto il suo dolore, il terrore e il desiderio di lasciarsi tutto alle spalle.
Arriviamo all’ultimo punto di vista, che a mio parere, è quello più interessante: Hannah. Un personaggio molto complicato, con diverse sfaccettature, che ha un modo di pensare e ragionare diverso da una bambina della sua età, una bambina di 13 anni, ma che ne dimostra 8. Questa bambina ha vissuto sempre e solo nella capanna, la capanna era la sua casa, le regole della capanna erano le sue regole e non ne conosce altre. Le uniche persone con cui rapportarsi erano i genitori e il fratello Jonathan. In più, per conoscere il mondo c’era il Grande libro, credo un dizionario. Un personaggio molto interessante e inquietante, con cui è più difficile identificarsi, non possiamo comprendere fino in fondo il suo punto di vista, ma capiremo il disagio, soffriremo per lei e con lei.
Nel libro ci sono altri personaggi, gli agenti di polizia, i medici e gli psichiatri e la mamma di Lena Beck, un personaggio più defilato rispetto al marito, ma una donna forte, che è riuscita a superare il momento difficile.
La mia prediletta è un thriller psicologico, quindi tutta la parte relativa al disturbo post-traumatico da stress, ai comportamenti connessi, i colloqui con i bambini, o l’uso della tecnica del disegno, è stata la parte che ho apprezzato tanto. Arricchisce e dà spessore al libro, rendendolo più realistico e intenso.
Lo stile di scrittura è perfetto: ho letto questo libro in pochissimo tempo e ho divorato le pagine proprio perché volevo arrivare alla fine. Non c’è una parte pesante o noiosa o più lenta, l’autrice è molto brava a mantenere viva l’attenzione. Una storia che è assurda, e che ci farà comprendere come la vita è così beffarda a volte, ti prende in giro, gioca con te!
Un thriller ben fatto, che ti sorprende. Se sei amante del thriller, non puoi lasciarti sfuggire questo libro, perché merita la lettura. Consigliatissimo.